Che gli aperitivi siano nemici della dieta è risaputo ma ultimamente ben 3 studi hanno scientificamente provato, in vari modi, la relazione tra alcol e aumento della fame.
Tutti concordano sul fatto il nostro cervello viene ingannato dall’alcol.
Lo studio condotto dal Francis Crick Institute di Londra ha approfondito il cosiddetto “effetto aperitivo” che scatenerebbe la fame aumentando l’appetito.
Un bicchiere di vino come aperitivo scatena la fame vera e propria, l’alcol inganna il cervello aumentando l’appetito e portando ad un eccesso nei confronti del cibo, bastano uno o due soli drinks per renderci super affamati
I ricercatori britannici hanno effettuato uno studio accurato attraverso i topi. Un esperimento con i roditori ai quali sono state date abbondanti dosi di alcol. L’equivalente di due bottiglie di vino nella durata di tre giorni. Il risultato è stato l’aumento della fame, i topi hanno mangiato fino ad un quinto in più di cibo.
I neuroni, chiamati Agrp, aumentavano la loro attività e sono stati bloccati da un farmaco. Con l’assunzione del farmaco i topi hanno mangiato molto di meno. L’utilità dell’esperimento sarebbe nel gestire l’obesità.
Direttamente su umani è stato condotto, invece, lo studio pubblicato sul giornale “Health Psycology”: secondo i ricercatori a indurre le persone a mangiare di più ci sarebbe l’indebolimento dei freni inibitori provocato dall’alcol. Un cocktail, un drink “aprirebbero lo stomaco” perché farebbero cadere quelle barriere che normalmente frapponiamo tra noi e i nostri desideri.
I ricercatori hanno distribuito in maniera del tutto casuale un bicchiere di vodka lemon o un placebo (ovvero limonata mascherata da cocktail) a sessanta studentesse che si sono sottoposte al test. Dall’esperimento è risultato che le donne che avevano bevuto vodka hanno mangiato di più rispetto a chi aveva ricevuto il placebo. Secondo i ricercatori ciò è avvenuto perché il loro sistema inibitorio era stato compromesso dall’alcol.
Invece sulle donne abituate a stare a regime e a limitarsi nel consumo di pasti, l’alcol non ha avuto effetti particolari, probabilmente perché hanno sviluppato meccanismi di resistenza più forti.
La rivista Obesity, invece, ha pubblicato la ricerca dell’Indiana University condotta su 35 donne non vegetariane, a cui i ricercatori hanno somministrato una soluzione alcolica (al 6%) e – in una giornata successiva – una soluzione salina (placebo) per via intravenosa al fine di eludere il coinvolgimento dell’intestino. Quindi, con la risonanza magnetica funzionale è stata misurata la reazione cerebrale dei soggetti alla stimolazione sensoriale olfattiva che ha un collegamento diretto con l’asse ipotalamo-ipofisario che controlla tutto il nostro sistema ormonale.
Nei soggetti sottoposti ad infusione intravenosa alcolica gli aromi di cibo provocavano rispetto agli aromi di prodotti non alimentari un’attivazione più accentuata proprio dell’ipotalamo. La risposta agli odori di sostanze non commestibili invece era addirittura ridotta.
Al termine dell’esame di risonanza magnetica, i soggetti sono stati lasciati liberi di pranzare. Il consumo di cibo di chi aveva ricevuto la soluzione alcolica è stato maggiore.
Lo studio mostra che, mediando la nostra risposta agli stimoli olfattivi in seguito al consumo di alcol, l’ipotalamo potrebbe svolgere un ruolo cruciale nell’“effetto aperitivo”.