Secondo le antiche leggende cinesi, il tè nacque insieme ai “figli del cielo”, che unirono tutti fiumi, ma non riuscirono a impedire al vento di far cadere alcune foglioline verdi in acqua bollente, conferendole il colore dell’ambra. La pianta del te venne menzionata per la prima volta già nel 2700 a.C., ma si diffuse soltanto nel VI secolo d.C.. Poco dopo, sotto la dinastia Tang, il poeta Luhu-Yu scrisse il famoso manuale Cha’a-king, a lungo considerato la bibbia del te, e l’usanza di bere il te divenne uno dei grandi piaceri della vita, una sorta di passatempo filosofico. L’imperatore della dinastia song lo trasformò in un culto: ogni sorso di liquido ambrato, scrisse il poeta Yung-Juing, “scorre come placido fiume in un animo turbolento“. Mentre per soddisfare i palati dei gusti raffinati e stravaganti si cominciavano a coltivare nuovi tipi di te, i Mongoli invasero la Cina e sul trono cinese salì il nipote di Gengis Khan. La cultura e i fasti dell’antico impero sparirono per non tornare mai più e anche il modo di bere il te mutó, ancora oggi, infatti, le tribù mongoliche nomadi lo comprimono in pani da cui con un martelletto spaccano dei pezzi che fanno bollire insieme al burro latte e sale.
La storia del tè, un piacere antico
Durante la successiva dinastia Ming i cinesi vedevano il tè preparando semplicemente un infuso di foglie in acqua bollente, senza attribuirvi alcun potere segreto.
Le sette buddhiste zen in Giappone crearono il cerimoniale meditativo del tè, in cui “cielo e terra si fondono”. Esso si è tramandato nei secoli tanto che oggi più di 40 istituti dedicano corsi che possono durare anche anni, e dove le virtù dei padiglioni da te sono rimaste immutate: silenzio, semplicità, purezza e armonia.
In Europa il tè giunse per la prima volta nel 19º secolo a bordo delle navi della compagnia delle Indie orientali. Gli infusi di erbe erano noti da secoli, ma la novità provenienti dalla Cina divenne presto una moda e nelle dimore dei potenti apparvero sale e padiglioni da te in stile cinese giapponese. L’Olanda l’Inghilterra si arricchirono moltissimo grazie al commercio del tè cinese ma non si accontentarono e decisero di rompere il monopolio della Cina. Così, con un po’ di spionaggio e qualche furto, gli inglesi introdussero il tè nel Bengala e nell’Assam, mentre gli olandesi rasero al suolo intere foreste di legname pregiato a Giava e Ceylon per fare spazio a immense piantagioni in cui lavoravano gli indigeni ridotti in schiavitù. Oggi l’India è il maggior produttore di tè al mondo, seguita da Sri Lanka, Indonesia e Africa orientale, mentre l’importanza della Cina nel mercato mondiale del te è calata sensibilmente e la sua produzione quasi interamente destinata al consumo interno.